mercoledì 5 maggio 2010

L'amore parte terza

Ancora sul tema dell'amore.
Questo è il terzo post in argomento e chiude la trilogia.

Sento il bisogno di condividere ancora queste sensazioni riguardo all'amore, dal momento che mi accorgo che le idee che abbiamo al riguardo sono sempre figlie della cultura imperante, e questo per noi occidentali significa molte volte distorsione.
Per chi non è abituato a farsi domande, parlare dell'amore in un contesto che oltrepassa il classico schema dell'unione a fini procreativi può risultare difficile ed oltremodo inutile.

Siamo stati tutti indottrinati alla pratica secondo la quale le tappe fondamentali della vita si riassumono fondamentalmente in :

1 – prendere un titolo di studio
2 – trovare un lavoro
3 – trovare un partner
4 – creare e mantenere un nucleo “famigliare”, possibilmente con figli
5 – fare eventualmente carriera
6 – aspettare la pensione (per chi ne avrà una)
7 – aspettare il compimento del nostro destino

Da questi capisaldi per molti è difficile evadere, anche perchè la complessità della vita di tutti i giorni ben poco concede ad interpretazioni “larghe” dei contenuti.
Non farò qui una disquisizione sulla bontà o meno del metodo, non avrebbe senso in questo contesto, mi limiterò invece a evidenziare come la maggior parte delle energie dissipate nel corso della nostra vita ruotino fondamentalmente intorno ai punti 3 e 4, che hanno attinenza con la vita di relazione in coppia.
Ovviamente, questo ha a che fare con la nostra natura di essere umani, sia dal punto di vista fisico sia dal punto di vista spirituale.

Ci sono molti modi di giustificare i nostri comportamenti nell'atto di cercare, costruire ed infine distruggere una relazione amorosa, ma allo stato attuale ognuno di essi è permeato da un errore di fondo : quello che sia compito dell'altra persona renderci felici.
Intere schiere di innamorati hanno perpetrato questo errore ai danni delle generazioni successive, attraverso romanzi, dischi e film.
Questo è potuto accadere perchè inconsciamente il movimento che facciamo è quello di proiettare (e quindi riversare) sul partner le nostre frustrazioni ed i nostri bisogni emotivi, come a dire che tutto quello che riteniamo non ci sia stato dato dalla vita deve essere colmato dal poveretto/poveretta che sta al nostro fianco.
In questa pretesa distorta, tanto cara alle telenovelas ed alle trasmissioni della De Filippi, c'è sostanzialmente l'incapacità di vedere la persona di fronte a noi per quella che è, e soprattutto, l'incapacità di vedere NOI STESSI.
L'illusione del volere tutto dall'altro è figlia di quella specialità tutta umana basata sul non prendere in minima considerazione la possibilità di essere felici prescindendo dalle condizioni esterne.
Finchè l'ideologia di base sarà questa (ed al momento è molto difficile dire che stiamo andando nella direzione opposta) avremo sempre una lamentela veloce e pronta da fare nei confronti del prossimo, alimentando così le torture psicologiche inflitte a noi stessi ed agli altri.

Che siate o meno d'accordo con me, a questo punto, può fare poca differenza, perchè in linea di massima ognuno sceglie in fin dei conti di vivere la propria vita come meglio crede. Il problema è semmai rimanere inconscienti di fronte a questo processo che si autoalimenta in una spirale che conduce molte persone alla disperazione.
Per poter sganciare questo segnale portante dalle nostre antenne, sarebbe necessario SENTIRE che quello che manca è fondamentalmente una parte di noi, chiamata presenza, e che si traduce in pratica con la connessione profonda con sé stessi. Questo tipo di lavoro, che risulta oscuro a chi non ha mai SENTITO che nella sua vita “manca sempre qualcosa”, è per sua natura piuttosto difficile da affrontare al primo impatto, soprattutto perchè, come dicevo prima, nessuno è portato a pensare che la causa del problema risieda molto più vicino di quanto si creda : dentro di sè.

Torniamo all'amore. Nella condizione di mancanza di consapevolezza di sé stessi, di mancanza di conoscenza dei propri schemi mentali e dei propri bisogni emotivi inconsci, è praticamente impossibile sostenere una relazione di coppia soddifacente.
Si tenderà sempre ad andare in richiesta di questo o quell'altro ai danni del partner, scontrandosi con il suo mondo, che proviene da altrettante (ma diverse) frustrazioni emotive e psicologiche.
Scegliere di conoscere il vero e reale mondo che abita dentro di noi ci garantisce invece qualche possibilità di successo.

Ma, alla fine dei conti, per chi dovremmo fare questo lavoro ? Per noi stessi ? Per gli altri ?
La risposta è : per entrambi.

Il movimento che facciamo all'interno per conoscerci, si riflette da quel momento in poi in tutto quello che capiremo dell'altro, e VICEVERSA, in virtù di quella che Jung identificava già tempo fa con il nome di Coscienza Collettiva, e che Rupert Sheldrake ha ripreso quando ha divulgato il concetto di Campo Morfogenetico.
Quindi, quando scegliamo di cercare un equilibrio personale (il famoso Centro Di Gravità Permanente di Battiato), stiamo già ponendo le basi per una migliore comprensione dell'umanità, ma ovviamente questo percorso non è privo di una certa sofferenza.

Nella relazione di coppia, ad esempio, se il movimento verso questo tipo di comprensione viene fatto soltanto da uno dei due partner, si possono avere profondi dissensi. Tipicamente, l'altro potrebbe pensare ad un processo di natura squisitamente egoistico, nel quale non c'è spazio per un crescita in comune. Ben lontanto da quello che è invece il presupposto di partenza, che punta ad una comprensione cosciente delle dinamiche quotidiane ed alla loro assimilazione secondo le leggi dell'amore.
“Ti vedo e ti accetto per quello che sei, e mi inchino alla forza più grande che ci unisce” sarebbe già una bella frase per cominciare questo percorso insieme.

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